Ci siamo. L’auto è carica e mi pare ci sia tutto. All’appello gli Angeli risultano tutti presenti: Roberta, Virna e Fabio. Presente anche la cagnetta May. Sempre noi anche se questa volta la meta è Decin, cittadina della Repubblica Ceca posizionata nella parte settentrionale della Boemia, vicino al confine con la Germania a pochi chilometri da Praga. In tutto 1000km da fare in auto “vicini vicini” per andare a fare un altro Ironman del circuito “Xtri Series”. L’età media dei gitanti potrebbe indurre a confondere la trasferta con un viaggetto promozionale in cui vengono proposti elettrodomestici con inclusa dimostrazione di batteria di pentole, ma in verità in noi arde ancora molto forte il fuoco della competizione sportiva.
L’evento è il Winterman che mi pare dica già tutto. Si tratta di fare anzitutto 9km di nuoto sul fiume Elba in favore di corrente e guardando i tempi delle precedenti edizioni pare che lo sforzo dovrebbe equivalere al classico 3,8Km di un Ironman. Cosa che temo non sarà per la temperatura dell’acqua. Si parla di 12-14 gradi che negli ultimi 500 mt degraderanno, ma staremo a vedere. Poi ci sono gli usuali 180km in bici con 3500 di dislivello e si chiude in bellezza con un percorso podistico di 43km con poco più di 1000 mt di dislivello. Il tutto a temperature generalmente insolite per questo tipo di distanze.
Finalmente arriviamo a Decin cittadina decadente con una vitalità inconsistente. Nei castelli, nelle torrette e nelle vie si respira la storia importante di questo popolo che prima ha patito l’invasione tedesca e poco dopo quella sovietica. Giusto per “par condicio”.
Il viaggio in auto mi ha sfinito. Non vedevo l’ora di arrivare, ma ora che sono qui comincio a sentire le scariche di endorfina che si materializzano definitivamente durante la procedura di ritiro del pacco gara. No, macchè. Nulla a che fare con i numeri dei soliti circuiti. Qui ci sono poco più di 100 matti da legare e non 2/3 mila atleti “infighettati” nelle loro tutine spaziali con coach al seguito, bici avveniristiche, scarpe rigorosamente Hoka Hoka, corpo interamente depilato ecc.ecc. Piuttosto mi pare si tratti più di una famiglia di folli consapevoli. Gente veramente tosta. Il clima è gioviale e sono pochissimi i volti tesi. Si dovrà arrivare al ripetitore posizionato a Jested nel colle più alto della zona e francamente ai più poco interessa a che ritmo si correrà o camminerà.
Scorrendo la lista di partenza vedo che saremo in 106 di cui 2 italiani. Pensavo di essere il meno giovane di tutti. In realtà ci sono altri cinque diversamente giovani e poi tutti 40enni e 30enni. Sembra che avremo anche la fortuna di conoscere qualcuno venuto dal futuro che dichiara di essere nato nel 2061. Ritorno al futuro.
Maledetti!!!! Durante la consegna dei pettorali scopro che mi hanno affibbiato il numero 90. A me!!!! 90 la paura che non ho, ma è una seccatura dover partire dietro a tutti nella frazione del nuoto a me più congeniale. Davanti avrò traffico e ci sarà da battagliare.
Il briefing è in lingua madre con traduzione simultanea in inglese per la presenza di molti stranieri. Tutti noi quattro cerchiamo di dare l’idea di comprendere esattamente cosa ci stanno raccontando. Come a scuola durante le spiegazioni. In linea di massima basta mostrare uno volto interessato, curioso e vagamente sorridente mentre ti fai i fatti tuoi. In realtà sappiamo tutti come funziona: no? Gli italiani capiscono e si fanno capire ovunque.
Bene. Fatto. Saluti. Ora ce ne andiamo a mangiare. I prezzi sono ampiamente alla portata e anche se la Cechia non ha particolari tradizioni in tema di primi piatti ordiniamo carboidrati. Stratosferici. Figuriamoci se manca la “pivo”: la birra. In Repubblica Ceca le birre sono un vero e proprio patrimonio nazionale e chi decide di viaggiare in questo splendido paese avrà la fortuna di poter assaggiare alcune delle migliori birre mondiali. Posso non berla? Naaaaaa…. Ormai è tardi. Domani si sgambetta. A nanna. Il meteo promette clemenza. Anzi. Diciamo che di Winter c’è gran poco. Nelle precedenti edizioni si correva a 2-3 gradi oggi le temperature oscilleranno tra i 10° ed i 16°. L’unico disagio sarà il forte vento. E va beh. Mai una gioia.
Ore 02:30. Apre la zona cambio T1 sulla sponda sinistra del fiume Elba. L’acqua misura 13 gradi ed il percorso è disseminato da 30 mega boe utili a canalizzare la navigazione fluviale. Ci raccomandano di starci molto attenti perché la nostra velocità sarà molto elevata per effetto della corrente e qui il buio è veramente buio. Si narra che ogni anno c’è sempre qualcuno che ci si spiattella contro. La mano scivola scaramanticamente in zona cavallo del pantalone. In realtà tutto ciò non mi preoccupa in quanto Roberto Dell’Oro, fortissimo triathleta che un paio di edizioni fa si è classificato nella top ten, al telefono mi ha dato le giuste info che mi faranno sopravvivere: “cerca di nuotare al centro del fiume dove la corrente è più forte, ma soprattutto, prima di iniziare a nuotare, bagnati completamente con l’acqua gelida dall’idrante posizionato prima della partenza. Ti ghiaccerai durante l’attesa di partire, ma poi quando ti tufferai l’acqua del fiume ti sembrerà incredibilmente calda”. Aggiungo io “se non muori prima”. Ma lo farò Renato.
Ore 04.30. Arriviamo in zona partenza a 9km da Decin. Caspita, l’acqua è proprio fredda e del resto ti sei iscritto ad un evento il cui nome non fa trasparire miti giornate primaverili allietate dal garrire delle rondini. Lo so benissimo; lo so e mi piace. Vecchio narcisista. Per contro so anche di essere un animale a sangue caldo, molto caldo e quindi le alte temperature mi annientano. Tutto quanto premesso, ho quindi pensato bene di fare la preparazione a questo evento nelle zone più fresche d’Italia per simulare il più possibile le condizioni di gara. Parliamo di luglio/agosto e del Molise. Per l’esattezza Montenero di Bisaccia. Alle 6 del mattino c’erano già 26-27° che poi evolvevano miseramente in temperature insopportabili. Allenamenti ignoranti senza un minimo di vegetazione per ripararti dal sole, con la preziosissima acqua della borraccia usata principalmente per raffreddare le scarpe da bici ormai incandescenti e nemmeno un po’ di ombra dove lasciarti morire accartocciandoti sul manubrio. Mi sembra non faccia una piega: ti prepari per un winter facendo un summer. Un genio. Comunque il #moliseesiste ed è una terra meravigliosa. Lascia perdere che ci sono nati i miei genitori e che ogni anno non vedo l’ora di tornarci per rivedere parenti ed amici. Qui il paesaggio è meraviglioso, l’acqua del mare eccezionale, il senso dell’ospitalità è sacro ed i meeting di famiglia sono la regola. Se poi sei anche un animale a sangue freddo è come essere in paradiso.
Si parte o no? Aspetta. Come siamo organizzati? Virna è la sola ad avere la maglia ed il braccialetto ufficiale da supporter. Quindi solo lei avrà libero accesso in zona cambio per darmi assistenza e solo lei potrà correre a piedi con me continuando a raccontarmi le storie della sua vita che si erano interrotte all’arrivo dello Stoneman. In realtà pur non avendo vissuto gli eccessi di Woodstock siamo comunque spiriti liberi e faremo come ci pare secondo le esigenze del momento. Roberta è alla guida dell’ammiraglia e dovrà starmi dietro per tutta la gara: coraggio!!! Inoltre, come a casa, tutto il piano alimentare è di sua esclusiva competenza. Un piano alimentare molto rigoroso: “toh cjapa e magna”, “ma cos’è?”, “magnaaaaa e tasi”. Non ha mai sbagliato un colpo nelle altre edizioni, vuoi metterla in discussione proprio ora? La brava moglie, oltre al ruolo di portatore sherpa, ha anche la gestione della farmacia, del beverages, dell’abbigliamento, dell………. Immensa Roberta. Il mio integratore ufficiale “Since 1980” sempre al mio fianco. Vason……. Vason……Vason è Vason. Il presidente. Geometra per lavoro, ma geometra anche nella vita. Tutto misurato e sempre sul pezzo. Fabio è quello che ogni squadra vorrebbe avere, quello che ti risolve il problema senza fare tanto casino: c’è da sistemare la bici, c’è da correre come supporto, c’è da prendere una decisione? C’è Fabio. Uno dei suoi compiti e anche quello di fare da co-pilota navigatore per non farmi sbagliare strada sebbene tutti dicano che i cartelli saranno sufficientemente chiari…..a saper leggere il Ceco. Fabio ha la supervisione di tutto. Sembra poca cosa, ma tutto questo richiede una conoscenza della materia ed uno sforzo mentale non di poco conto. Poche regole di ingaggio ed il resto provo a farlo io
Ci approssimiamo alle 05.30. Ci siamo. Manca poco alla partenza. Mi avvicino all’idrante che sputa fuori acqua gelida del fiume. Serve per entrare in temperatura gara, ma è dura solo ad avvicinarcisi. Tanta dura. Lo faccio solo perché mi fido di Renato, ma non posso fare a meno di evocare le divinità. E’ buio e sto gelando sebbene io abbia la muta, i calzari e la cuffia. Tutto in neoprene. Tra l’altro il fatto di non capire la lingua ceca mi aiuta a stare tranquillo. Ti rivolgono parola e tu sorridi; non devi sforzarti a parlare per forza con qualcuno. Mi piace starmene solo in mezzo a tanti pensando ai fatti miei e continuo a domandarmi se ce la farò a saltare giù dalla piattaforma, ma poi parte il conto alla rovescia in lingua originale e non capendo nulla mi accingo a scimmiottare il resto del gruppo. Giù, si parte. Ognuno di noi ha una cintura con attaccato una contenitore con un fischietto (da usare in caso di pericolo; ndr ti voglio vedere mentre stai affogando), il GPS e una lucetta rossa intermittente. Come detto in altre occasioni, questo servirà ad agevolare l’eventuale recupero della salma. Inoltre in testa, sopra la cuffia in neoprene, ma sotto la cuffia ufficiale in lattice va posizionata un’altra lucetta intermittente. E’ importante ed è una evoluzione rispetto agli altri estremi del panorama mondiale: significa che qui ci tengono tantissimo a te e vogliono proprio recuperarti nel caso tu passassi a miglior vita. Dalla pagina ufficiale dell’evento “Dopo esserti buttato dalla piattaforma – ti consigliamo di mantenere la calma nei primi minuti e di abituarti al freddo e al buio – non fatevi prendere dal panico!” In realtà la cosa non mi tocca: Renato, ci hai preso alla grande. Ho quasi caldo dopo tutta l’attesa al freddo. 😊 figurati!!!!!!!
E’ una figata pazzesca nuotare in favore di corrente; capisci le sensazioni dei veri nuotatori che filano a tutta velocità e per un attimo ti immedesimi nel ruolo. La frazione di nuoto va liscia come il fiume in cui sto nuotando se si esclude un impatto a tutta birra con una delle boe non illuminate (a proposito di quanto si diceva nel briefing); fortunatamente nessuna conseguenza. Bellissimo. Il buio mi piace. Esco dall’acqua con le mani ghiacciate 6° assoluto. L’ego sale. Uscendo comincio ad urlare a squarciagola tra l’ilarità generale “Roberta” che si sostituisce a Virna in qualità di supporter e mi recupera appena fuori dall’acqua. Lo fa per risparmiarle probabilmente uno degli spettacoli più indecorosi della sua vita: spogliarmi da tutto ‘sto neoprene e rivestirmi da pseudo-simil professionista del ciclismo. Roberta fa quasi tutto da sola con in testa ben chiara la differenza tra maschietti e femminucce anche se con questo freddo penso nemmeno si noti. Per carità, non ho ancora appeso il testosterone al chiodo, ma credo che qui anche Rocco “tregambe” avrebbe avuto i suoi problemi. Tutto va per il verso giusto e l’operazione cambio infatti dura veramente poco anche grazie al fantastico suggerimento di Renato: “portati in zona cambio una seggiola così ti rilassi un po’, ti scaldi con un caffè caldo (grazie Virna) e ti cambi comodamente”. Ancora una volta ci hai preso: Renato sei un mito, ma soprattutto Roberta sei unica!
Parto con la bici con addosso i nostri colori: divisa estiva del Padova Triathlon sopra ai capi autunnali. Le bretelle catarifrangenti obbligatorie da regolamento le ho, la luce anteriore ad energia atomica pure, lucetta posteriore. Via al buio. Ma veramente al buio….non si vede nulla, ma è tutto così appassionante. Speriamo l’asfalto sia ok. Da quello che ho visto nel sito ufficiale il percorso è un continuo saliscendi nervosissimo. Non c’è una salita vera e quindi nemmeno una discesa dove poter recuperare. È tutto un continuo strappo per scollinare, lasciare andare la bici per un istante e ri-pedalare a tutta. Si, ma così io schianto prima di arrivare al 30° km, altro che 180Km……”stai calmo e regolarizza il ritmo”. Come no!!!! Il temperamento (mi sembra un modo elegante per definire la mia cocciutaggine) è quello che è ed infatti poco a poco le forze cominciano a venir meno. Dai Max. Anche se non spingi va bene lo stesso. Tra il 100 ed il 140km penso solo a ritirarmi; la testa sta andando. Troppo vento. Non vado avanti. Cerco di distrarmi guardandomi intorno e la cosa sembra funzionare; il paesaggio è strepitoso. Non ho mai visto tutta questa natura; è un bosco continuo che di tanto in tanto è attraversato da asfalto. I colori sono bellissimi. Tutte le sfumature dell’autunno. Vogliamo parlare degli Angeli durante la frazione bike? Sempre al mio seguito pronti ad intercettare ogni mio desiderio di rifornimento. Grandiosi. Anche se post gara mi fanno notare che ad ogni incontro li ho “cazziati”: una volta perché mi hanno aspettato a fine discesa, una perché ad inizio salita, una in pianura……”non dava mai ben un casso”……….ma apprezzo il “mode” cristiano del “porgi l’altra guancia” che li ha sempre contraddistinti anche se l’effetto display sulla fronte era chiarissimo: “ma va cagare!!!!” Fabio sempre prodigo di consigli paterni: “va pian in discesa”, “va agile anche in pianura”. Stesse parole riferite a Roberta che conoscendomi accelerava in discesa per evitare che io entrassi dentro l’auto dal lunotto. Angeli Vi chiedo ancora una volta perdono. Bici chiusa tra i primi 30.
Minchia, finalmente questa frazione di bici è terminata. In T2 entro urlando sempre il nome della povera santa moglie: “le scarpe da traillllllllll”. Il volto della tosa sbianca e sulla sua fronte compare la scritta “dove cacchio saranno le scarpe da trail?”. Scatto degno di Jacobs verso l’auto ed eccola riapparire come la madonna di Czestochowa con le scarpe in mano. Mi siedo nella seggiolina che da un po’ mi sta aspettando in zona cambio e Roberta inizia a lavorarmi tutto attorno come in un autolavaggio. Tipo Superman che entra nella cabina telefonica e si cambia in un batter d’occhio, in men che non si dica mi ritrovo cibato, idratato e vestito per la terza frazione. Devo solo correre!!!! Che donna!!!!
Tocca ora alla regina della triplice. Si, Virna. Tocca ancora alla first lady accompagnarmi nella corsa. Indossa velocemente maglietta e braccialetto del supporter che sino a poco prima erano in uso a Roberta. La strategia concordata è che lei si occuperà dei primi miei 15 km, i successivi 15 li farà Fabio e gli ultimi 13 li avrò entrambi al mio capezzale. Dopo aver scaricato tutto nelle camere dell’hotel dove dormiremo questa notte, Fabio e Roberta ci raggiungono per darci l’ultimo supporto lungo la processione con 43 stazioni stile “via crucis”, una stazione per ogni chilometro. L’appuntamento è a “police” nel senso di stazione della polizia, ma Vason non trova la località sulla cartina. Solo dopo un conciliabolo ristretto c’è la presa di coscienza che non si tratta di una località e i due si fanno trovare puntuali all’appuntamento.
Sono fiero di avere Virna al mio fianco e forse sono l’unico con il supporto di una atleta sull’intero percorso. Purtroppo le cose non vanno come nelle precedenti due frazioni. La tendinite mi impone di camminare. Questo è e così sarà per tutto il percorso salvo qualche timido tentativo di corricchiare bloccato sul nascere dal dolore al ginocchio. Arriva il momento anche per Fabio e mano a mano che passa il tempo mi rendo conto che si può fare. Questa volta c’è solo un cancello orario. Devi essere al 32° km entro le ore 22: o lo hai oltrepassato o chiudi lì la tua esperienza. In zona cambio sono arrivato dopo le 13 e pensi che tutto sommato 9 ore sono più che sufficienti per fare quella distanza anche camminando. Forse puoi fermarti anche per uno spritz, ma la crisi è sempre in agguato dietro l’angolo e soprattutto la tendinite potrebbe degenerare. Sta calmo, tanto non vinci di sicuro. Piuttosto potresti compromettere tutto
32Km. Figo. Non pensavo di arrivarci così bene. Luci frontali accese, una maglietta in più e un po’ di cibo. Inizia a fare freschetto, ma sto veramente bene. Il cancello è ormai alle spalle e ora ho due supporter con me mentre le mie due donne (una è la cagnetta l’altra l’ho sposata) che fanno la spola in auto in mezzo al nulla nel buio più profondo per rifornirci di cibo e acqua. Chapeau.
Gli ultimi 11 KM di salita durissima su asfalto. Le pendenze in alcuni tratti sono veramente assassine. Non si corre, ma il passo è quello veloce di chi ha fatto l’ufficiale alpino. Metto nel mirino gli atleti davanti a me, ma è inutile. Questi sono veramente tosti. Allo Stonman me ne ero rimangiati tanti.
Passo dopo passo arriviamo al “rampone” finale. Solo in pochissimi ci hanno superato nonostante i miei impedimenti. In linea d’aria l’arrivo è a poche centinaia di metri, ma devi prima fare questa inutile salita impegnativa da alta montagna su terreno accidentato per poi ridiscendere. Giusto per chiudere in bellezza questa gitina che forse finora non è stata abbastanza dura!!!!! Maledetti. Tutti e quattro ci avviamo, ma io accuso tutti i problemi di questo periodo. Non ce la faccio a continuare e vorrei solo buttarmi per terra per lasciarmi morire. Virna traccia il percorso come un capretta di altura, Fabio chiude la cordata e in mezzo Roberta che mi spinge da dietro massaggiandomi la schiena. Non so come ci arriveremo in cima, ma alla fine ci siamo arrivati. Inizia così la discesa di 700mt che porta al traguardo. Intorno solo nebbia e vento forte. Non si vede una mazza e a poco servono le luci frontali. A tentoni riusciamo ad orientarci e la pattuglia acrobatica tricolore si prepara per la volatona finale. Siamo italiani in terra straniera e ci distinguiamo. Ci siamo tutti mano nella mano. Tutti e quattro corriamo verso il traguardo che tagliamo assieme. Il solito abbraccio a quattro con i ringraziamenti che si sprecano. I miei Angeli sono emozionati e io di più. Vorresti dire molte cose o accennare ad una frase ad effetto da consegnare alla storia tipo quella pronunciata da Neil Armstrong quando scese sul suolo lunare dal modulo Eagle. Stranamente non ho preparato nulla né mi viene nulla in mente. Mi limito ad incrociare lo sguardo degli Angeli e vedere i loro occhietti. Bella storia. Non servono le parole, quelle ognuno di noi se le modella a piacere nella propria intimità. Rimangono i fatti e i fatti sono che assieme abbiamo fatto qualcosa di magico. Grazie. Grazie. Grazie. Angeli siete unici.
Il crono. Già il crono. 15 ore e 24 il tempo finale. Non male.
Faccio subito il pieno di sali minerali (la pivo) e di una brodaglia indefinita con cose galleggianti……”bonaaaaaa” Siamo tutti stanchi. Si va a nanna. Domani c’è la premiazione
Aver partecipato a questa competizione è solo frutto di tanta perseveranza e sana testardaggine. Sono riuscito a gestire la tendinite della zampa d’oca che fino al 2 aprile non sapevo nemmeno cosa fosse. Un paio di mesi completamente fermo e poi pian pianino ci provi. Una infiltrazione prima di partire ed ecco qua. E’ inoltre fantastico osservare il segno dei tempi su se stessi: fino a qualche anno usavo come crema per il corpo la Nivea, ora siamo passati al Voltaren!!!!! Scherzi a parte sono contento. Abbiamo gestito tutto per il meglio. Ci sono stati momenti veramente difficili anche se ormai li ho seppelliti sotto la gioia che abbiamo condiviso.
Il giorno della gara è si un giorno duro, ma la vera difficoltà non stà nel fare ciò per cui ti sei allenato. Qui entrano in gioco aspetti logistici che ad esempio in un Ironman non ci sono. In un IM ci sono tanti atleti e anche se non hai fatto la ricognizione del percorso non puoi sbagliare strada: segui il flusso. In un IM le strade sono chiuse al traffico. In un IM ci sono i punti ristorno posizionati a distanze regolari sia nella frazione bici che in quella podistica. In un IM è sempre presente il pubblico che ti incita e che ti da la carica. Qui sei solo per tutti i 232 km, non incroci nessuno, mangi o bevi solo se ti sei organizzato, ti copri o ti svesti solo se ti sei portato le cose giuste da indossare (o come nel mio caso le hai fatte portare a Fabio e Virna) e devi essere veloce a controllare le indicazioni stradali. Sbagliare è un attimo
Noi ci siamo organizzati bene come del resto gli altri partecipanti, ma lo sforzo mentale è stato veramente intenso. Non giorni, ma mesi impegnativi tra il continuo pensiero di come organizzarsi per il D-day ed allenarsi in condizioni veramente ostiche.
Grazie per tutti i messaggi e gli incitamenti che mi avete inviato.
P.S.1 Fatemi fare un saluto ad un amico che ha iniziato a fare triathlon con me tanti anni fa e che di recente se l’è vista brutta. L’anno scorso fortunatamente la stessa cosa mi ha solo sfiorato da vicino e quindi so cosa sta patendo fisicamente, ma soprattutto psicologicamente. Forza Camillo.
P.S.2 Tra i tanti messaggi che ho ricevuto con infinito piacere spicca quello della nostra amica e compagna di squadra Cristina A. Con tutta la sua determinazione sta affrontando il suo “estremo”. Io sono certo che lei farà molto meglio di me e lo vincerà.