LA VALIGIA DELLA VIRNA.
La decisione di partecipare all’Ironman parte da lontano: è l’obiettivo di tutti gli atleti che si avvicinano al triathlon; un obiettivo ambizioso che a volte viene ridimensionato o anche abbandonato per gli impegni familiari, gli orari lavorativi che non conciliano gli allenamenti, gli infortuni (e il loro relativo recupero!). E’ una sorta di anno sabbatico a rovescio, dove non si abbandona tutto il resto per il nuovo impegno, ma la preparazione dell’evento assume un’importanza preponderante.
Per me si trattava di un’unica chance, dentro o fuori, adesso o mai; da una parte la precarietà del lavoro mi dava molto tempo da dedicare alla preparazione, ma dall’altra la difficoltà nel recupero dagli ultimi infortuni era un segnale dell’avanzamento dell’età e che (forse) non era più tempo per certe imprese.
Il presidente mi dice ‘YES, YOU CAN’ (è il Presidente!) e indice addirittura una riunione straordinaria per vedere se ci fosse qualcun altro disposto a seguirmi in questa impresa. Klagenfurt? Francoforte? Roth? Francoforte facile per il percorso, Klagenfurt vicino a casa, Roth folla di pubblico tipo Alpe d’Huez. Roth, no Klagenfurt; meglio Francoforte, no già fatto. Ad una ad una queste gare vanno tutte sold out. Il progetto IM sembra decadere e così mi iscrivo al 70.3 di Kraichgau che tra le altre cose mette in palio anche 50 slot per il campionato del mondo IM alle Hawaii. Completo la registrazione e assieme alla conferma mi inoltrano un codice da utilizzare per una eventuale iscrizione all’edizione 2015 dell’IM di Copenhagen, gara che va sold out in 4 giorni. E’ un segno, anzi, oggi posso dirlo, IL SEGNO!
Mi iscrivo, dissipando gran parte del mio stipendio da lavoratore somministrato, stampo la ricevuta, la guardo e mi chiedo se tutto questo non sia stato un po’ azzardato. Intanto passa l’inverno, viene pubblicato il calendario agonistico, mentre l’orario di lavoro costituisce una seria minaccia per la mia preparazione; salto le sessioni di corsa, diserto la piscina. I risultati delle prime gare rasentano il disastro, ma ho tempo fino ai primi di aprile per cancellare la mia iscrizione all’IM senza rimetterci il costo per intero. Il Presidente mi dà fiducia: non parto da zero; devo lasciare alle spalle l’inverno e focalizzarmi sull’IM, sulla gara nella sua interezza che non è la somma di tre cose. La variazione dell’orario di lavoro e il terzo posto di categoria ottenuto al’IM 70.3 di Pescara, danno una svolta alla preparazione: le tabelle di allenamento vengono rispettate, riprendo a nuotare con continuità. Nei mesi di Luglio e Agosto, ottengo la possibilità di convertire due settimane di ferie in una serie di giorni singoli splittati uno alla settimana, in modo da inserire una sessione lunga di allenamento (il nuoto) che altrimenti non avrei saputo come collocare. Poi ci si mette pure il caldo: le uscite lunghe di bici coincidono con le domeniche più calde e afose dell’ultimo trentennio; il termometro segna 37/38/39 °C, l’orologio 6 h e 10 / 6 h 04 / 5 h 55. E giusto per portare il fisico al limite, qualche KM di corsa per chiudere la giornata.
UN MESE PRIMA DELLA GARA
Sul sito dell’IM Copenhagen è pubblicata la Athlete’s Guide 2015: ci siamo. Mi assegnano il pettorale 384, ‘i nostri numeri’ come dice Stefano. La macchina organizzativa lavora a pieno regime; manca solo un piccolo dettaglio e cioè come trasportare la bici in areo. Virna mi presta la sua valigia, quella con cui ha portato la sua bici alle Hawaii (che porti bene ???). Ma la mia bici non ci sta: o taglio i pedali o tolgo la sella. Mmmm. Azzardiamo attorno a Ferragosto un acquisto in internet di una sacca portabici che arriverà miracolosamente in tempo.
COPENHAGEN 20 AGOSTO – EXPO
L’area di registrazione e il ritiro dei pettorali è all’interno del tendone dell’Expo che occupa la piazza principale. Poche persone in coda, un’anziana signora al desk mi chiede se RELAY o FULL RACE. Sono così vecchia? Gara intera!!!! E sono anche l’unica donna Italiana! Ottengo il mio braccialetto turchese, lo zaino IM Copenhagen con pettorale, cuffia , chip, due barrette, elettroliti, programma ufficiale. Acquisto qualche memorabilia, poche cose anche perché la politica IM sembra essere quella di predisporre gli stessi articoli nei vari expo, negli stessi colori e cambiando solo il nome della gara.
21 AGOSTO – PROVA PERCORSO SWIM
Dalla mappa non è ben chiaro quanto sia lontana la partenza della gara dalla zona dove si trova il nostro albergo. Al mattino quindi, parto di corsa, in ricognizione, puntando a Est: trovo la stazione della metro più vicina, poi scorgo Amager Beach, la laguna, la spiaggia, l’arco nero del gonfiabile swim start, le boe gialle. Penso ci siamo: è qui. Nel pomeriggio ritorno con Stefano; raggiungiamo la spiaggia io infilo la muta e scendo verso la laguna. Questo braccio di mare chiuso da una lingua di sabbia, è una sorta di zona sicura dove nuotano i bambini Danesi. La temperatura dell’acqua è meno gelida e più tranquilla di quella del Baltico e si tocca quasi dappertutto. Entro in acqua immergo la faccia e vedo una foresta di alghe che popola il fondale e che ha un aspetto inquietante: sembrano migliaia di braccia scheletriche che tentano di trascinarti sott’acqua. Di positivo c’è che questo specchio d’acqua è attraversato da tre ponti sui quali sono stati appesi dei cartelloni enormi con l’indicazione della distanza percorsa: saranno un riferimento vitale durante la gara.
22 AGOSTO – CHECK BIKE
Mattinata turistica a spasso per Copenhagen. Nel primo pomeriggio porto la bici in zona cambio: ci vado direttamente in bici (come gli indigeni) ripercorrendo il percorso fatto a piedi la mattina prima. Mi assegnano un ottimo posto all’inizio della rastrelliera e sull’asfalto. Deposito le sacche con il materiale bici e run (dentro un cassonetto delle immondizia!), mi fisso alcuni punti di riferimento e percorro a ritroso quello che domani sarà la transition in T1. Esco, non posso più tornare indietro. Il cuore accelera i suoi battiti: non smetterà per lungo periodo.
23 AGOSTO – RACE DAY
Ore 4.00 am colazione: niente esperimenti solo pane e marmellata.
Ore 6.00 am il nostro albergo mette a disposizione un autobus che ci porta direttamente alla partenza ad Amager; meno stress ma in T1 prima difficoltà. Devo gonfiare la bici da sola! Con aria della turista vecchia e stupida chiedo a prestito una pompa e sotto la guida remota di Stefano porto a termine l’impresa.
Ore 7.00 am partenza degli atleti pro, degli elite e poi via via tutte le categorie degli age group.
Ore 8.00 am non è rimasto più nessuno: tocca a noi. Respiro a fondo; l’acqua la conosco, è quella di ieri, stamattina popolata anche dai vivi. Ricevo alcuni pugni, restituisco una gambata, poi mi assesto con il ritmo. Penso ‘tieni, così fino alla fine, respira ogni tre’. Raggiungo anche alcune cuffie di colore diverso, delle partenze di gruppi che mi hanno preceduto: forse non mi tagliano fuori!
T1 – SWIM TO BIKE
Uscendo dall’acqua percepisco subito il vento: cerco di asciugarmi, decido per lo smanicato antivento e arm warmer (perdo quasi 10 minuti!), ma non ho freddo e posso così concentrarmi su altro.
180 KM BIKE
Il percorso bike consiste sostanzialmente in un anello da ripetere due volte; verso Nord, una litoranea spazzata dal vento, profumata di mare, costellata da casette rosse e bianche; poi si svolta a sx e si inizia un percorso ondulato con strade sempre più strette e un paesaggio sempre più bello, con famigliole che pranzano nel giardino di casa per vederci passare. Alla fine di una salitina insidiosa, si cela una curva secca a gomito in discesa protetta da un’alta siepe; prendo velocità e finisco quasi a ridosso della bici che mi precede. Ovviamente la moto dei giudici è là, testimone inflessibile e mi obbligano ad uno stop and go, ma niente cartellino giallo. Intanto mancano 20 km e non ho forato. Sto pensando che è quasi fatta. Adesso vedo anche il cartello direzionale della deviazione verso la T2, incrocio gli atleti che sono già sul percorso run; è fatta, è fatta e anche qui sotto il tempo limite. Lascio la bici nelle mani dei volontari e penso che ora mi aspetta solo una maratona in modalità ‘defa’.
T2 – BIKE TO RUN
Che le Transitions fossero un momento fondamentale della gara, lo sapevo, ma non avrei immaginato che la T2 del mio primo IM sarebbe stato un momento critico che poteva avere anche delle conseguenze gravi. Consegnata la bici prelevo la mia sacca run dalla rastrelliera, mi dirigo nella tenda delle ragazze, tolgo antivento e arm warmer, apro la sacca e vedo un paio di scarpe blue. Le mie sono rosa! Oh my God! Qualcuno ha preso la mia sacca! Torno indietro. Peggio! Io ho preso la sacca di un’altra! Rimetto l’altra sacca sulla rastrelliera e recupero la mia. Mi si gela la schiena, potevo essere squalificata!
42,2 KM RUN
Adesso la maratona; già la maratona, altra bella incognita. Non sono in grado di affrontarla come una pura maratona running. Ripenso alla strategia di Maurizio, che nella maratona dell’Elbaman pensava ai successivi ristori, a Frodeno, che nel percorso run dell’IM si è fermato ogni 10 km, facendo stretching per chiudere poi in 2h e 50! Decido allora di impostare la frazione così: una serie di ripetute, ritmo medio, con recupero ogni 1 o 2 ristori; so che solo in questo modo arriverò fino in fondo. Sul percorso che si snoda interamente in centro storico, tifo trascinanate. Primo braccialetto, cocacola, incrocio Stefano, vedo l’arrivo ma non è ancora il mio momento; secondo braccialetto, la Sirenetta, il mare, il vento, ancora cocacola, sono a metà. Nyhavn muro di gente, il vento intanto non molla mai e anche il sole sta tramontando. Terzo braccialetto, Stefano, la cocacola; incrocio uno dei 16 Italiani iscritti alla gara, sta crollando, gli dico che dobbiamo portare a casa la medaglia; quarto braccialetto, finisce pure la cocacola, manca poco, ultima ripetuta; ecco adesso percorro il tappeto nero che porta all’arco del traguardo. Stefano mi dice qualcosa, non sento niente, anche lo speaker mi si avvicina ma non capisco cosa mi dice, ancora pochi passi tra me e il 226° chilometro. ANYTHING IS POSSIBLE. Sì è vero. E’ proprio così ; basta crederci, sempre, tutto è possibile.
ATHLETE’S LONGUE – DOPO IL TRAGUARDO
Mi trovo da sola. Vorrei ci fosse Stefano. Vorrei ci fosse qualcuno con cui parlare. Mi cambio nella tenda delle ragazze; nessuna di noi dice niente, ma abbiamo tutte lo stesso sguardo. Orgoglio, coscienza di avere compiuto una grande impresa; il silenzio fa decantare le emozioni. Agguanto una birra e poi fuori. Vedo Stefano. Non sento la stanchezza, né la fame; recuperiamo la bici e poi in metro (a Copenhagen si può portare la bici in metro!) torniamo in albergo. Ormai è troppo tardi per cenare; trovo comunque la forza per sciacquare la muta poi arriva il sonno ristoratore.
24 AGOSTO – AWARDS CEREMONY
Risulto V di categoria ma entro lo stesso. Stefano, che dovrebbe pagare l’ingresso in quanto accompagnatore, preferisce aspettare fuori. L’assegnazione delle slot per la partecipazione al mondiale IM delle Hawaii avviene in un silenzio quasi surreale. Si comincia con la categoria donne, partendo dalle categorie più vecchie; bene così me la cavo in fretta. La regola è sempre quella: si chiama il primo classificato di ogni categoria di età, se non c’è o non risponde si procede con il secondo e così via a scalare fino a che la slot non è assegnata. F65 un’americana sale sul palco ancora prima che lo speaker finisca di dire il nome completo. F60: la prima c’è. F55: la prima accetta. F50: chiamano il primo nome. Silenzio. Chiamano il secondo nome. Silenzio. Il terzo nome. Silenzio. ‘Fourth place from Italy… (from ITALY? COSA SUCCEDE???) …Sabrina Peretto! Prima di svenire urlo Y E S !!! Corro sul palco, l’organizzatore dell’IM Copenhagen mi mette una ghirlanda di fiori al collo stile Hawaii. Gli applausi; non conosco nessuno ma sono contentissima, stento a crederci . Passo al desk per l’iscrizione (cioè pagamento immediato della quota di iscrizione). Congratulations! Istruzioni, foto, mi gira la testa, devo uscire. E Stefano? E’ lì seduto su una panchina con accanto una ragazza italiana moglie di un triatleta, che sta incrociando le dita (per la sua categoria di età le slot disponibili sono cinque). Lasciamo la ragazza, ci prepariamo a lasciare Copenhagen. Questa slot piovuta dal cielo, la considero un regalo soprattutto per Stefano, che mi ha seguito negli allenamenti al limite delle sue possibilità, che non ha mai dubitato che ce l’avrei fatta, che ha sofferto più di me durante la gara. Grazie. Grazie anche a tutti quelli che mi hanno sostenuto, incoraggiato. Grazie Fabio. Grazie Antonella. Grazie Virna (e alla tua valigia magica!).